Un bisogno devozionale si tramuta, nel corso degli anni, non solo in una straordinaria forma d'arte, ma nello specchio fedele dell'anima di popoli ricchi di una innata creatività.
Cesti di arance, mele e limoni, un canestro d'uva, giare, una solarità diffusa; e un bambino dal volto in cera, vestito con lo sfarzo che si addice al piglio di un aristocratico di stampo spagnolo: questa è la Sicilia del Settecento magnificamente raccontata da un presepe locale.
Il presepe italiano, inteso come arte, parla assolutamente napoletano: la città di Napoli del Settecento, con il suo trionfo di moduli figurativi ed espressivi difficilmente potrebbe essere superata.
Ma è anche il punto d'arrivo di una tradizione oltre alla quale non può che esserci il vuoto inventivo e creativo, oppure, com'è in effetti, un nuovo modo di rileggere e interpretare questa grande forma di arte popolare.
Perché il presepe, questo è bene non dimentícarlo, non nasce a Napoli.
Nasce, più o meno negli stessi anni, in diverse zone d'Italia.
A Napoli trova il terreno fertile di un'invenzione senza eguali, resa possibile dall'esperienza di secoli di devozione, gioco, sperimentazione e creatività, in un miscuglio impressionante di rispetto del canone religioso e di uno stravolgimento di raffinatezze aristocratiche e pulsioni plebee, di specchio della verità e mondo fantastico.
In questo senso l'arte presepiale non fa che trasformare in figure, inserite in un contesto più o meno popolare o aristocratico, realistico o fantastico, tutto ciò che l'arte figurativa ha affidato nel corso della storia ad affreschi, quadri, gruppi scultorei, con il compito di offrire ai fedeli, come in un grande fumetto devozionale, le storie lungo le quali il messaggio cristiano poteva essere compreso e assorbito.
E non è un caso se questa profusione di immagini (le tinte, le espressioni, la contemporaneità di paesaggi e vestiti, la riconoscibilità delle situazioni) sia passata dalle tele degli artisti alle sapienti mani degli artigiani, il tutto per certi versi senza soluzione di continuità.
Il che conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che se tutta l'arte, almeno fino al Barocco, non è altro che il supporto espressivo del Cristianesimo, e il presepe non è che uno di questii infiniti aspetti, e considerato nell'insieme del suo divenire storico, non può certo essere considerato come uno dei minori o dei meno importanti.
Ciò si coglie in modo esplicito guardando al complesso delle tradizioni e delle forme che ha assunto nelle varie parti d'Italia: certo, ciascuna con la sua specificità, ma tutte riconducibili al bisogno di dare vita, in maniera istintiva e tangibile, alle più profonde vibrazioni di una irrinunciabile identità locale.
In conclusione possiamo quindi affermare che l'Italia è fatta anche dal modo con cui i suoi popoli hanno pensato, vissuto e dato corpo al loro presepe.