La Sacra Famiglia costituisce il nucleo fondamentale di ogni presepe, ma con una precisa gerarchia: al centro c'è il Bambino, di lato la Madonna, dietro Giuseppe: dunque la madre a condividere col figlio la centralità della scena: grande protagonista anche della Passione, Maria è fonte inesauribile di ispirazione per gli artisti.

La Sacra Famiglia costituisce il nucleo fondamentale di ogni presepe, e segue una precisa gerarchia: al centro troviamo il Bambino, di lato la Madonna, dietro Giuseppe: dunque la madre a condividere col figlio la centralità della scena. Grande protagonista anche della Passione, Maria è fonte inesauribile di ispirazione per gli artisti di ogni epoca.

Un uomo, una donna, un bambino appena nato, un precario luogo di riparo, Celesti prodigi: la Natività è raccolta in uno spazio, esiguo ed infinito allo stesso tempo, ed è nella coesistenza di questi due elementi così diversi,tutto terrestre il primo e correlato alla fatica del vivere, mentre l'altro è fatto di eternità, visto che il presepe, qualsiasi presepe, è caratterizzato da una fortuna senza tempo.

Possiamo osservare con ammirazione ai fasti barocchi del presepe napoletano, rimanere sbigottiti di fronte al cinico realismo di quello romano, esaltarci davanti alla festa di colori di quello provenzale, riflettere attorno alla rigida austerità delle rappresentazioni germaniche, e infine farci un poco turbare dalle scene dirette del presepe spagnolo.

Possiamo quindi navigare attorno allo sterminato universo presepiale seguendo i gusti e gli umori del momento, ma alla fine del viaggio dovremo accettare un dato tanto ovvio quanto importante: l'essenza del presepe è racchiusa in pochi, semplici elementi.

Il resto, quello che ha fatto del presepe un'arte capace di produrre capolavori, è solamente un fattore in più.

Quando Francesco d`Assisi, per la prima volta, replica la Natività con l'intento di fornire all'ingenua devozione popolare una commovente rappresentazione dell'Incarnazione, mette in scena un asciutto spettacolo, di cui e protagonista la sola Sacra Famiglia.

E capire come, dallo scarno racconto evangelico, si sia finiti per giungere ai ricchi, colorati e fantasiosi presepi, costituisce un piccolo e divertente viaggio non certo privo di sorprese.

Della Natività parlano solo i Vangeli di Matteo e Luca: in alcune tratti concordano, mentre in altre circostanze contrastano, come ad esempio sulle genealogie di Gesù, mentre molte altre volte, citando epiusodi particolari ci offrono racconti differenti.

Il primo punto da cui può allora partire il nostro viaggio è che la Natività, quale il presepe interpreta e raffigura, è una sorta di sintesi tra i due racconti.

Coloro che, come gli spagnoli o i tedeschi amano allargare il presepe al complesso dei Vangeli dell'Infanzia da questo punto di vista sono pienamente giustificati.

UNO SCARNO RACCONTO

Vediamo, per cominciare, di ricordare brevemente cosa ci hanno lasciato scritto gli evangelisti: Matteo è il più attento alla figura del padre, così racconta il sogno di Giuseppe, la storia del censimento, il viaggio a Betlemme, la Natività, l'apparizione della Stella nel cielo, l'adorazione dei Magi, la strage degli innocenti e la fuga in Egitto.

Luca, che alcune tradizioni vogliono abbia ricevuto da Maria stessa le confidenze su quei giorni così lontani, è invece più attento alla figura della madre.

E infatti ci parla dell'Annunciazione, della Visitazione, degli Angeli, dell'adorazione dei pastori, della Presentazione al Tempio.

Non cita mai nei suoi racconti episodi di stragi, ne tantomeno di fughe e ignora completamente i Magi.

Seguendo la tradizione, questo è dovuto al fatto che, avendo Matteo già raccontato alcuni episodi, Luca ha ritenuto inopportuno ripeterli, dedicandosi così a narrarne di inediti.

Quanto agli altri due evangelisti, quello di Marco è il più antico, mentre il Vangelo di Giovanni è stato l'ultimo ad essere stato redatto; ma entrambi cominciano il racconto, com'è noto, con il Battesimo di Gesù e trascurano completamente tutto ciò che avviene in tempi precedenti.

Quel che conta davvero per loro, e su vogliono porre l'attenzione, è la vita pubblica di Gesù Cristo: la predicazione, la Passione e infine la Resurrezione.

La vita di Giuseppe non viene menzionata se non in modo indiretto e, quanto alla Madonna, ce la presentano una volta in compagnia dei fratelli di Gesù e un'altra sul Golgota (il solo Giovanni precisando che si trovava ai piedi della Croce).

Con i Vangeli dell'Infanzia siamo dunque di fronte a una sorta di prologo generale: è da questo punto di partenza infatti che l'iconografia religiosa prima e il presepe poi hanno attinto i valori fondamentali, sulla cui base di cui hanno costruito l'immagine del padre putativo e della madre di Gesù.

Ad esempio nè Matteo nè Luca ci dicono l'età di Giuseppe: ci parlano di un uomo giusto, che appartiene alla casa di Davide e che di mestiere fa il carpentiere, Matteo non ci dice dove vive, ma lascia intendere che risiede a Betlemme ed è per questo che Gesù vi nasce, Luca parla invece di Nazaret, dove colloca l'Annunciazione.

A portare la famiglia a Betlemme, aggiunge, è il censimento ordinato da Quirino.

Ma nel racconto di Luca la figura di Giuseppe in realtà resta sullo sfondo, perché la vera protagonista è Maria.

La vediamo nella sua casa visitata dall'Angelo, la seguiamo correre in fretta dalla sua parente Elisabetta, esultare per l'annuncio della nascita, soffrire a Betlemme per la mancanza di un riparo sicuro in cui partorire, serenamente gioiosa accettare i doni dei pastori e, nel Tempio, le profezie di Simeone e Anna.

Il suo profondo turbamento all'annuncio del prodigioso evento dell'Incarnazione, la sua piena, incondizionata accettazione della smisurata responsabilità di generare il figlio di Dio sono delineati con grande finezza psicologica.

Siamo insomma, leggendo il vangelo di Luca, di fronte a una raffinata capacità di introspezione psicologica.

E non è un caso che, proprio per questo, mentre l'iconografia di Maria si è sempre tramandata nel tempo piuttosto stabile e precisa, a dover subire un continuo aggiornamento è stata la figura di Giuseppe, che deve molto, anzi tutto, non ai Vangeli canonici ma a quelli cosiddetti apocrifi.

Malgrado molti padri della Chiesa li guardassero con sospetto, gli apocrifi, ovvero le narrazioni fantasiose e romanzate attorno all'infanzia di Gesù, ebbero un immediato successo.

Il sintetico racconto evangelico apriva infatti enormi possibilità alla fantasia devozionale e i risultati non si fecero attendere, contribuendo a fissare un canone arbitrario, ma che la gente fece proprio, per esempio sono gli apocrifi a rivelarci che Anna è il nome della madre di Maria.

A farne le spese fu però Giuseppe: schiacciato dalla responsabilità di padre putativo di Gesù, dalle dispute teologiche sulla verginità di Maria, o sulla spiegazione da dare all'esplicita affermazione evangelica circa i "fratelli" di Cristo, ecco l'uomo giusto di cui parla Matteo subire una mutazione e, nel breve volgere di poche generazioni, diventare un'icona destinata a durare secoli.